I “porticcioli” – il diminutivo è ingannevole – sono la testa di ponte per privatizzare le nostre coste e il mare. Una storia di cemento che parte dalla Liguria, la regione regina del diporto, ma è la stessa in tutta Italia.
Le coste italiane sono infestate dal cemento, per circa 3.300 km, oltre metà dei nostri litorali. Ma, non paghi di villette ed eco-mostri, gli speculatori hanno spostato le loro ruspe dalla costa fino ai lidi e al mare stesso: è il fenomeno dei “porti turistici”, eufemisticamente detti “porticcioli”.
A differenza dei porti, che sono pubblici e al servizio della comunità, i porticcioli sacrificano un bene comune sull’altare dell’interesse privato e della ristretta cerchia che può permettersi il “diporto”. Il business che sposa nautica e cemento è diffuso in tutta Italia ma in Liguria – quasi 24mila posti barca – è eclatante. Il libro denuncia lo scempio ambientale e il fitto intreccio di rapporti fra politica, imprenditoria e – in alcuni casi – malaffare. Racconta perché i porti turistici sono i cavalli di Troia che aprono la strada a case di lusso, parcheggi, aree commerciali.
Spiega la normativa che ha permesso ai porticcioli di proliferare, a partire dal “Decreto Burlando”. Ne descrive l’impatto, spesso devastante, su spiagge e ambiente costiero. Svela le connessioni con la criminalità organizzata in Liguria. Un’opera dedicata a chi ha a cuore la tutela della bellezza del nostro Paese e alle comunità che “resistono”.
Con la prefazione dell’urbanista Paolo Berdini e gli importanti contributi di numerosi scienziati, attivisti, giornalisti: Sebastiano Venneri, Giampietro Filippi, Marco Piombo, Franco Zunino, Franca Guelfi.
“Se questo libro portasse ad un più vasto pubblico una maggiore consapevolezza sulle mostruosità che deturperanno i Comuni costieri, avrebbe raggiunto un grande obiettivo.”